Il piacere di un incontro / di un viso / rimane nel cuore / e per un po' / nel sorriso
Forse un giorno un dio
(se ci sarà)
ci chiederà
dove eravamo
mentre noi chiamavamo risorse le persone
e ‘loro' trasformavano le risorse in pedine
e sostenevano che l'obbedienza è sempre una
virtù
e chi non obbedisce è un nemico del
mercato
e dell'impresa e del cambiamento
e dell'innovazione e del progresso
e chi pensa
disturba
se non pensa come tutti
cioè non pensa come ‘loro'
e soprattutto non pensa
positivo
Forse un giorno un dio
(se ci sarà)
ci chiederà
dove eravamo
E noi diremo che eravamo
a un convegno
(l'ennesimo convegno)
dedicato alla ‘importanza strategica delle risorse umane'
e a quel convegno stavamo ascoltando o tenendo
una relazione
(l'ennesima relazione
uguale a tutte le altre relazioni
già ascoltate o tenute negli anni)
che inneggiava
ai ruoli irrinunciabili e magnifici e progressivi
della Direzione Risorse Umane
e della funzione Formazione e Sviluppo
e dei consulenti tutti e di Change Management soprattutto
(che vuol dire com'è ovvio ‘gestione del cambiamento',
ma in inglese viene meglio, naturalmente)
Forse un giorno un dio
(se ci sarà)
ci chiederà
dove eravamo
Quando non ci saranno più persone
e le risorse umane saranno (appunto) solo pedine
orgogliose di essere
pedine
e non sapendo di non essere più
persone
neppure più si domanderanno
le persone com'erano
una volta
quando ancora tutti vivevano
e ancora non funzionavano
nel nome del dio mercato
che è figlio del dio denaro
e gemello di sorella morte
Ma forse un giorno
nessun dio ci sarà
O, se ci sarà,
non ci riterrà degni
neppure di una domanda
E anche lui
ci tratterà
come noi tutti ormai ci trattiamo
nelle imprese e nella vita:
da pedine
Se non servi un calcio e via
M i O pprimi B effandomi B rigando I ngrato N uove G ogne |
|
S olo T ra R isme A ccatastate O bbligato R egolarmente D a I ncarichi N uovi AR iordinare I mprobabili O rganigrammi |
Non c’è una sola vita
non c’è pane gettato
alle onde invano
eppure non credo di aver perso tempo
pur perdendone un sacco
lo dico ora che il lavoro
oberante riempie giorni e notti
talvolta senza senso
Istinto
Ragione
Incoscienza
Legami
Parole non dette
Sguardi che si cercano
E si ritrovano sempre
Ombra e luce
Non ha importanza!
Il mio mondo è il nostro presente
I sorrisi
Albe per nascondere la rabbia della notte
Un arcobaleno bianco e nero separa follia e desiderio
Scappando
Ritroviamo noi stessi
Il tuo mondo è il nostro domani.
Ho ricevuto questa poesia da un mio collega operaio, tanto innamorato del suo lavoro da essersi immedesimato nel materiale che si trova impegnato a convertire nel prodotto destinato al mercato (mi sono permesso di fare qualche lieve ritocco).
Come il sangue nelle vene,
scorri calda dentro lei,
la trafila... madre,
che amorevole ti coccola
cullandoti e trasportandoti
da parte a parte
cambiando la tua vita,
in perenne metamorfosi.
Compressa viaggi
fino in fondo al tunnel,
coprendo spazi vuoti
In gelida morsa stretta
tirata a forza
e poi lasciata
nella desiderata forma
prosegui il viaggio
marchiata col tuo nome
dopo aver sui tacchi camminato
affronterai il tuo destino.
Macchine implacabili
ti amputeranno
ti modelleranno
secondo i gusti altrui,
e quindi sentirai sotto di te gelida
scorrere la lama che allo scoccare dei due metri
taglierà il tuo cordone ombelicale...
....così mi arriverai in mano ignuda e quasi senza senso
per sfamare me e tanti altri in te coinvolti.
p. s. ...di questo tuo viaggio io sono il dottore
e se la dieta non trionferà,
tenendo d’acconto
la tua rigida sensibilità
la linea haimè ...ingolferà!
Una gabbia di cemento ospita il nostro avvenire.
Di padri e figli, fratelli e madri, in cerca di speranze per un sogno che ci appartiene.
Desideri costanti attraverso occhi e celati pensieri.
Divisi, disperati, unici, desideri di felicità.
Voi, compagni d'avventura, in un viaggio fatto di gesti semplici ma irripetibili.
Con voi non ho più paura.
Insieme affrontiamo ostacoli e superiamo barriere, tendiamo nervi e pieghiamo metalli.
In questa grande famiglia condividiamo sorrisi e pianti, gioia e dolore, amarezza e soddisfazione.
In questa grande famiglia voi non mi avete mai lasciato solo.
Compagni di un incerto passato mi avete preso per mano, accompagnandomi verso il mio domani.
A voi devo tutto,
fedeli guanti da lavoro.
A ccogliersi
M agicamente
I ncontrandosi
C amminando
I nsieme
Z igzagando
I ntorno
A ll’amore
(di un collega operaio turnista che vuole mantenere l'anonimato)
Guido da appena dieci minuti e già ti desidero.
Trovo il coraggio per andare avanti cercando di annullare la distanza che mi
separa da te.
All'interno di queste mura ci studiamo con infinita dolcezza,
complici di sguardi rubati.
Sei il sogno di molti ma nessuno potrà amarti più di me.
Ci sono notti in cui passano ore prima di poterti sfiorare e questa attesa è
forza e condanna.
Uno di fronte all'altra
mi potrò appagare del piacere
che il tuo tocco mi procurerà.
Una mano forte e sicura,
con studiati e passionali gesti ti sfiora.
Finalmente sei mia,
dolce macchinetta del caffè.
Ho conosciuto palombari,
piloti di Cessna e di bob,
commercianti di monili, portaborse,
poeti d’avanguardia, guardiacaccia,
ali destre, catchers,
veterinari, collezionisti di farfalle,
autisti di ambulanze, falegnami,
studiosi di cimbro e di eschimese
ma per l’Azienda solo anonimi impiegati
al massimo, di primo livello.
Francesco Varanini
Scrivere poesie è un modo per intrattenere rapporti con se stessi. Un modo per immaginare, sognare, non dimenticare. Ed anche un modo per prendere appunti rapidi durante le riunioni di lavoro. Per fissare atmosfere e situazioni emotive. Ancora, e infine, scrivere poesie è un modo per dire quello che non può altrimenti essere detto.
La poesia nasce da un profondo bisogno personale. Nasce per restare forse per sempre inedita, e nota solo all’autore. Non per questo è inutile. Non per questo deve restare nascosta.
La scrittura poetica può essere applicata a qualsiasi oggetto, dal tema più privato e personale, legato ad emozioni e affetti, all’argomento ‘di lavoro’.
Quando lavoravo come Responsabile Organizzazione presso una grande industria, spesso scrivevo poesie. Per ricordare, e per comunicare alle persone coinvolte tutto quanto non poteva essere espresso in riunioni, documenti e procedure e ordini di servizio. Quei versi sono ora raccolti in T’adoriam budget divino. Critica della ragione aziendale, Sperling & Kupfer, 1994.