Mercoledì, 02 Gennaio 2013 12:53

Interstizi (Francesco Varanini)

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Ho conosciuto palombari,
piloti di Cessna e di bob,
commercianti di monili, portaborse,
poeti d’avanguardia, guardiacaccia,
ali destre, catchers,
veterinari, collezionisti di farfalle,
autisti di ambulanze, falegnami,
studiosi di cimbro e di eschimese
ma per l’Azienda solo anonimi impiegati
al massimo, di primo livello.



Francesco Varanini

Scrivere poesie è un modo per intrattenere rapporti con se stessi. Un modo per immaginare, sognare, non dimenticare. Ed anche un modo per prendere appunti rapidi durante le riunioni di lavoro. Per fissare atmosfere e situazioni emotive. Ancora, e infine, scrivere poesie è un modo per dire quello che non può altrimenti essere detto.

La poesia nasce da un profondo bisogno personale. Nasce per restare forse per sempre inedita, e nota solo all’autore. Non per questo è inutile. Non per questo deve restare nascosta.
La scrittura poetica può essere applicata a qualsiasi oggetto, dal tema più privato e personale, legato ad emozioni e affetti, all’argomento ‘di lavoro’.
Quando lavoravo come Responsabile Organizzazione presso una grande industria, spesso scrivevo poesie. Per ricordare, e per comunicare alle persone coinvolte tutto quanto non poteva essere espresso in riunioni, documenti e procedure e ordini di servizio. Quei versi sono ora raccolti in T’adoriam budget divino. Critica della ragione aziendale, Sperling & Kupfer, 1994.

 

Letto 1768 volte Ultima modifica il Mercoledì, 10 Aprile 2013 08:18
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